O' Rammaro - La VerArte

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O' Mmeglio 2
Eccoci innanzi ad un altro antico e nobile mestiere  partenopeo, anche se, da alcune ricerche fatte, l’origine  sembra essere araba, importata poi, intorno l’anno mille  nell’area che va da Nola all’agro Aversano. Mestiere rimasto in uso fino alla metà  degli anni 50, anche se qualcuno e durato ancora per il decennio  successivo, fino a sparire, del tutto dal lessico popolare Napoletano. O’ Rammaro: tradotto in italiano  ramaio, cioè l’artigiano che crea e vende  oggetti di rame.
 
II Rame è stato il primo metallo usato dall'uomo, anche per le sue importanti proprietà che permettono di lavorarlo a freddo, attraverso il processo di battitura ottenendo massime prestazioni con lastre variabili da 1 mm a 2,5 mm. Metallo eccellente per la sua capacità di condurre il calore, il rame permette un notevole risparmio energetico, poichè basta cuocere anche con una fiamma molto bassa. Il mestiere di ramaio si apprendeva da piccoli, dalla tenera età, con la consapevolezza di dover lavorare duramente, per molte ore, con un notevole sforzo fisico. Ogni futuro ramaio apprendeva i segreti dal proprio genitore. Nulla era lasciato al caso, non era di certo un lavoro da poter improvvisare. O’ Rammaro produceva e vendeva al minuto in una propria bottega, oppure spessissimo a bordo della propria carretta officina. Qualcuno offriva la propria arte direttamente a domicilio. Dalla propria maestria nascevano pentole e coperchi di ogni forma e dimensione, casseruole, teglie, utensili per la cucina, vasellame etc.
 
All’occorrenza “O Rammaro” diventava stagnino, si, quando, con cadenza settimanale al grido: Stagnàteve ‘a ramma! (fate ricoprire di stagno gli utensili di rame!) si recava presso i suoi clienti per coprire le parti degli utensili di rame che andavano a contatto con il cibo, con un sottile strato di stagno (elemento atossico) per rendere nuovamente utilizzabili le pentole, le padelle, il vasellame etc. di rame ed impedire che il cibo potesse diventare tossico stando a diretto contatto con il rame che, per logorio d’uso, avesse perduto lo strato protettivo di stagno; in effetti, il quotidiano uso delle stoviglie di rame procurava appunto la consunzione o logoramento dell’originario strato di stagno ed occorreva ricostituirlo ed a ciò provvedeva il rammaro (nella speranza che, se le stoviglie fossero troppo rovinate, ne potesse vender di nuove). Quando poi l’alluminio entrò prepotentemente nella vita quotidiana, soppiantando di fatto il rame, “o rammaro” perdette quella sua esigua fonte settimanale di guadagno (le stoviglie di rame non si vendevano piú, né era necessario stagnare l’alluminio, atossico di suo) e per non perdere la clientela che aveva acquisito vendendo e stagnando rame, egli fu costretto ad operare una sorta di riconversione commerciale; continuò a girar di casa in casa, ma invece di utensili di rame, prese a vendere capi di biancheria personali e/o per la casa (corredi matrimoniali etc.) ed operò detta vendita non pronti contanti, ma con contenute rate settimanali o talvolta mensili e con l’avvenuta riconversione commerciale mutò anche il nome; non fu piú ‘o rammaro ma divenne ‘o rammariello anche quando, per l’età, non fosse cosi tanto giovane da giustificare il diminutivo rammariello usato quasi ad indicare la giovane nuova attività del vecchio rammaro. Quindi, per le strade di Napoli si poteva sentire: Ogge à ddà passà ‘o rammaro!... (letteralmente: Oggi passerà il ramaio) ; ecco la duplice valenza: A (nel caso che si usassero ancóra stoviglie di rame) Prepariamo le stoviglie da far stagnare ché oggi passa il ramaio.. B (nel caso che il rammaro fosse diventato rammariello) Ohibò, oggi è giornata di esborso delle rate!
 
Per ricreare l’effetto antico di questo lavoro mi sono messo alla ricerca di una lamina di ferro arrugginita, sforzo, coronato dopo qualche mese non lontano da casa mia, quando tra le recinzioni di un terreno scorgevo una lamiera diventata cosi sottile da essere strappata come un foglio di carta.   Mi sono immaginato come questo artista artigiano poteva allestire il suo carretto e l’ho rappresentato con tanto di cassetto per riporre le cesoie i bulini gli scalpelli i martelli e tutti gli attrezzi per praticare le sue meravigliose incisioni, il pianale reclinabile per appoggiare il pesante incudine e l’immancabile morsa per bloccare le lamine modellare. Questo lavoro l’ho terminato nella metà del mese di luglio le sue misure sono 27x14x25.

                                    Sito  fatto  da  me,  aggiornato  a  giugno 2021
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